di Roberta Gatta
È ormai più di un anno che viviamo una situazione a dir poco complessa. Questo virus non ci preoccupa solo per le implicazioni mediche che ne possono conseguire, ma anche per quelle sociali e affettive e il mio pensiero va, ora più che mai, ai giovani. I ragazzi, forse quasi più di noi adulti, risentono di questo strano modo di vivere la socialità: ho potuto osservarlo con i miei occhi quando sono entrata a scuola a febbraio 2021 per la prima lezione del corso di giocomotricità e mi sono trovata davanti questi bambini di prima classe primaria che scalpitavano per giocare insieme sulla scacchiera calpestabile.
Il corso consiste in quindici incontri con l’obiettivo di approcciare al gioco degli scacchi in una forma innovativa. È parte del progetto SME – Scacchi Metafora Educativa, un progetto originale di promozione sociale basato sul gioco degli scacchi rivolto a bambini e ragazzi dai 6 ai 14 anni, che coinvolge quattordici regioni italiane e si articolerà nel corso di tre anni grazie al sostegno dell’impresa sociale Con i Bambini ed all’iniziativa dello C.S.E.N., ente capofila del progetto.
Il programma prevede il coinvolgimento di tante associazioni scacchistiche disseminate sul territorio nazionale. Nel Lazio, la nostra ASD collabora con le due scuole pubbliche partner, l”Anna Fraentzel Celli” ed il “Piersanti Mattarella”, entrambe situate nel quadrante est di Roma.
Quando questo progetto è stato pensato, tuttavia, di Covid-19 ancora non se ne immaginava l’esistenza. È stato necessario quindi, da parte di tutti noi operatori, ristrutturare ogni singola attività da proporre ai ragazzi. Questo compito si rivela ogni giorno più difficile. La bellezza straordinaria di questo lavoro sta proprio nell’interazione che si crea mentre si gioca: dal semplice passaggio del testimone nelle staffette, all’abbracciare un compagno quando ci si incontra lungo il percorso da fare, tutto è stato rimodulato per socializzare in sicurezza.
Socializzare in sicurezza.
Mai avrei pensato di dover scrivere parole di questo tipo. Riuscire a trovare un modo bello di far giocare i bambini senza alcun contatto può non sembrare possibile e, devo ammettere, inizialmente non pensavo che lo fosse. Ma, a mano a mano che preparavo le lezioni, un pensiero si è fatto strada in me: niente, neanche il Covid, può impedirci di essere gli esseri sociali che siamo di natura. Anche se non ci si può toccare. Anzi, paradossalmente questo ci permette di essere più creativi.
Accade così che un bastoncino diventi il prolungamento delle nostre braccia permettendoci di entrare in contatto con il compagno di squadra.
Accade così che impariamo ad avere più pazienza ad attendere il nostro turno perché il gioco si può fare uno per volta e non più tutti insieme.
Accade così che impariamo a fare silenzio quando parla un’altra persona, perché con la mascherina la sua voce si sente più fioca.
L’aria che si respira è piena di entusiasmo, di felicità, di emozioni. E, nonostante le barriere che il virus ci impone, continuiamo a respirare quest’aria.